“La biblioteca perduta dell’alchimista” di Marcello Simoni: dramma in quattro recensioni. (Seconda puntata).

Seconda puntata, la prima la trovate qui.

Attenzione: la recensione – lunga quanto una messa cantata – sarà spiaccicata online in quattro puntate. Per quanto Giramenti abbia tentato di non spoilerare troppo, qualche indicazione c’è. Se vi scoccia sapere in anticipo cosa troverete nell’ovetto Kinder, saltate questa puntata e tutte le altre.

Siamo alla seconda puntata della recensione ed è tempo di tornare ai nostri amici.

Ignazio ha un lasciapassare, una missiva con sigillo regio che gli permetterà di scambiare quattro chiacchiere con Ferdinando di Castiglia. Una lettera che, tanto per complicarsi la vita, un «cavaliere […] afferrò con la mano inguantata di ferro, lesse attentamente e […] restituì» (pagina 15). A levarsi il guanto non ci ha nemmeno pensato, perché qui l’unico furbo è Ignazio. Durante l’udienza – condita da «una smorfia tollerante» e «un risolino compiaciuto» (p. 15) – al cospetto di un re che pare un tantino rintronato – «mento sfuggente e occhi persi nel vuoto» (p. 16), Ignazio si prostra, i suoi compagni seguono l’esempio e «si inginocchiarono ai suoi fianchi» (p. 16). Sì, lo so, fa un po’ Re Magi.

Tra una cosa e l’altra veniamo a sapere che accidenti vuole Ferdinando e, guarda caso, la sua intenzione è inviare Ignazio in missione segreta. La regina Bianca di Castiglia, infatti, è stata rapita da quel brutto ceffo del Conte di Nigredo. Ahhh… il Conte di Nigredo, «avversario temibile, un alchimista» (p. 22). Urca la peppa, Ignazio si fa girare quell’alchimista tra lingua e palato, e va in brodo di giuggiole. Per fortuna poco dopo «Ignazio aveva riacquistato la solita tetragona impassibilità» (p. 22 e 23), e meno male perché ci stavamo preoccupando.

Ma la missione non è tutta qui, bisogna anche ritrovare il Turba philosophorum, un trattato che promette miracoli: qui c’è da fare bene, cari miei, c’è da falsificare l’oro… e con l’oro si fanno le… le…? Bravi, le monete. Allora vedete che pure voi avete l’intuito di Ignazio? Bene, a recuperare quel libro lì ci deve andare Uberto, e bisogna fare tutte le cose di nascosto, al buio, in silenzio. Ssss… fate piano…

Così Uberto va nelle scuderie e incontra Galib – all’incirca il maestro elementare di Ignazio –, l’anziano – un po’ acciaccato – emerge dall’ombra come l’ottanta per cento dei personaggi del libro. Si è raccomandato con Uberto di non fare casino, lo fa montare in groppa al cavallo e, tanto per non svegliare le guardie, lo saluta così: «Ricorda!, gridò, stringendo rabbiosamente un ciuffo di paglia tra le dita» (p. 37). Uè, Galib, ma non si era detto di fare piano?

Ovviamente Galib fa una brutta fine e qui salta fuori il cattivo, o meglio, nell’inquadratura che ci viene proposta c’è il suo medaglione che ritrae un ragno.

E dove bisognerà andare a stanare il cattivo? Nel castello di Airagne, ah, ecco. Lì, manco a dirlo, c’è pure la regina Bianca. Sarà vecchia e brutta? Macché! «Non aveva ancora compiuto quarant’anni e, benché avesse da poco dato alla luce l’undicesimo figlio, appariva fresca come una rosa» (p. 41). Merito dell’aria buona del medioevo, senza dubbio. Eppure ad Airagne non c’è un bel meteo, la prima «nebbia» ci viene proposta a pagina 40, ci verrà riproposta altre 25 volte, di cui 16 solo nel capitolo 29. Un capitolo che, datemi retta, metterebbe in crisi anche noi della pianura padana.

Nel frattempo Uberto sta andando a recuperare il libro e gli altri due stanno tentando di capire dove accidenti sia ‘sto castello di Airagne. Devono arrangiarsi senza navigatore satellitare, chiedendo indicazioni. A Uberto va un po’ meglio, arriva alla rocca fortificata – e stra-mega difesa da soldati – di Montségur e, che ci crediate o meno, lo fanno passare: gli basta dire «di avere un messaggio per il castellano» (p. 66). Secondo me quegli armigeri lì sono da licenziare in tronco.

Ovviamente – ché qui tutti guardano tutti – «Osservando la struttura il giovane si accorse che una donna lo stava osservando da una finestra» (p. 66). Osservate questi osservando e chiedetevi a cosa serve un sinonimo, poi andate dall’editor e svegliatelo.

Uberto è lì, all’entrata del torrione, e deve proprio andare dal castellano per chiedergli quel benedetto libro, ma una guardia lo ferma. Non è che il primo che passa possa decidere di bere uno spritz col castellano, senza manco l’invito! «Forestiero, non potete sostare qui davanti» (p. 67). E adesso come la risolviamo? Be’, se andata bene una volta, vuoi che non vada bene pure la seconda? «Devo incontrare Raymond de Péreille, il castellano» (p. 67) e, che ci crediate o no, pure questo citrullo lo lascia passare. Licenziate anche lui!

Il sior castellano ha «gli occhi astuti, simili a quelli di un furetto» (p. 67), Uberto, invece, ha «gli occhi felini» (p. 71): questo match lo vince il topoide e Uberto viene schiaffato in gattabuia. Perché i militi sono un po’ scemi, ma il castellano non è un cretino: se ne sbatte di Bianca di Castiglia e il Turba philosophorum se lo vuole tenere ben stretto. Non lo darà a nessuno, eccheccazzo! È un libro importantissimo perché, come spiega in seguito la siora castellana, «La copia del Turba philosophorum qui custodita proviene dalla dimora del Conte di Nigredo, il castello di Airagne. Il manoscritto che cercate parla di alchimia ed è stato usato per costruire quel luogo, quindi ne custodisce i segreti» (p. 83).

Ma a Uberto serve, lo deve avere, quindi che fa? Lo chiede alla siora castellana, con garbo, vuoi mai che il trucco funzioni? Certamente sì. La siora, che «Aveva lineamenti raffinati e lunghi capelli castani» (p. 80) – mai che ne salti fuori una brutta! –, gli fa trovare il libro e lo fa evadere: poi «Uberto la guardò scomparire come un leprotto fra la boscaglia» (p. 87), roba che neanche la Disney.

Insomma, chiedi e ti sarà dato: a Montségur apprezzano la gentilezza, ne converrete con me.

Terza puntata: qui.

Quarta puntata: qui.

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Informazioni su Gaia Conventi

Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

22 risposte a ““La biblioteca perduta dell’alchimista” di Marcello Simoni: dramma in quattro recensioni. (Seconda puntata).”

  1. Alessandro Madeddu dice :

    A parte il re – a metà fra una scimmia e un deputato del parlamento italiano – sono tutti belli! Povero re – e povero anche il cavallo.

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  2. Tale's Teller dice :

    E’ stato un duro risveglio.

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  3. Daniela dice :

    Fa freddo, sto guidando da 3 ore e l’odissea l’ho letta a suo tempo…ho i requisiti per astenermi? 😉

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  4. minty dice :

    Il cattivo col ciondolo di ragno (sottratto a Spiderman?) che abita al castello di Airagne…
    L’alchimista che non può essere conte di Caltanissetta, ma per forza di Nigredo (come dire “Duca di Wicca”)…

    Più che un romanzo fantasy, una puntata di Sailor Moon °_°

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  5. Mihaela dice :

    Thriller storico?! Thriller?! Hahahaha, no.

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