La carità artistica che ti vuole a portafoglio aperto: il fascino antico della pubblicazione a pagamento.

Vengo contattata per dire la mia e certo non mi tiro indietro. Sì, avete ragione, sono due faccende che succedono spesso: passo per quella che ha sempre qualcosa da dire e tento di non smentire questa strana convinzione.

Ritorniamo a parlare di EAP, dell’editoria a pagamento. Insomma, siamo ancora qui a fare le pulci al paga e pubblica. Oggi però introduciamo al giro di giostra una grande novità, cosa per cui ringrazio l’amico Roberto Corsi – sì, è anche un poeta, però mi sopporta – e il suo post Carità librosa.

La carità vi farà ridere e il librosa, ne converrete, tende al lebbrosa. Infettiva come la lebbra, la tendenza a pubblicare a pagamento, a consigliare tale pratica e a scusarla come cosa buona e giusta – un piccolo passo per l’uomo ma un balzo gigantesco per l’umanità, una soluzione dettata dalla cattiva editoria che non investe sugli esordienti e tutto il restante blablablà – comincia a mostrarsi lì, anche dove ti saresti detto non potesse arrivare: sul «supplemento culturale de Il Sole: a p. 43, in un articolo a firma Ambrogio Borsani» e lo racconta Corsi nel post che già vi ho linkato.

Volete leggere l’articolo del giornalone? Bene, lo trovate da Corsi o cliccando su “Celebrità a proprie spese” di Ambrogio Borsani. Potete scaricare la versione in pdf, così siamo sicuri che questa perla resta in giro. Averla a portata di mano sarà utile a molti: vi servono nomi di scrittori paganti? Vi servono per pagare, pubblicare e sentirvi in buona compagnia? Perfetto, lì ne trovate parecchi.

Andiamo a leggere ‘sto benedetto articolo. Riassumiamo i fatti e poi, ve ne prego, tornate da Roberto Corsi per leggere i commenti. No, per carità, mica il mio! C’è quello del sior Borsani e la risposta del buon Corsi. Ecco, quei commenti lì dovete proprio leggerli.

Ma torniamo alla carta stampata, posto pieno di gente che ne sa. Che ne sappia è chiaro, che poi ne sappia pure trarre le giuste conclusioni è ancora da stabilire.

Uellà, cominciamo subito alla grande e ci giochiamo l’asso di bastoni! Leggendo l’articolo scoprirete molte cose interessanti e molti scrittori che hanno pubblicato pagando. Avessero avuto una buona stampante casalinga o la possibilità d’andare su Amazon, Lulu.com e compagnia bella, avrebbero certamente ovviato in altro modo. Perché? Perché non stiamo parlando di tramisti che nemmeno si rileggono e correggono, stiamo parlando di scrittori veri.

Ecco perché nelle prime righe c’è qualcosa che mi sconvolge, mi fa storcere il naso, mi abbatte la pressione e mi dà fastidio allo stomaco (ok, lo ammetto, mi fa anche girare i coglioni).

Caritatevole. Oddio, fa l’effetto delle unghie sulla lavagna. Non so quanto potesse essere caritatevole nel ’29 chiedere cinquemila lire a Moravia per stampare Gli Indifferenti – non lo so, però lo immagino –, ma far sborsare qualche migliaio di euro all’incauto, allo sprovveduto e al vanesio per vedere il proprio nome in copertina è la carità di chi leva all’arte per ingrassare le proprie tasche. Non che tutto sia arte – datemi retta, se non vi resta che l’EAP, forse dovete darvi all’arte con la vanga –, ma la gente che scrive lo pensa, l’editore a pagamento avvalora la felice ipotesi e su quella gioca per campare. A spese degli autori.

Si tratta d’editoria al contrario: se ne sbatte dei lettori e corteggia gli scrittori. Tanto non deve vendere alcunché, ha già venduto libri e sogni all’autore che paga, e in questo mercato il lettore non è contemplato. Ma gli autori ci credono o, come la crocerossina che si marita col disgraziato, pensano di poterlo cambiare: gli altri non hanno venduto una ramazza, ma io… eh, vedrai, pago e pubblico ma poi mi rifaccio con quanto vendo. Sì, col cazzo!

Che l’autore sborsi subito o che preferisca riempirsi la cantina di scatoloni – pigliati ‘ste trecento copie, poi le regali a Natale… vedrai i parenti come sono contenti! –, se decide di rivalersi sul prossimo, col porta a porta o con insistenti proposte d’acquisto su facebook, per incassare qualche spicciolo dovrà inventarsi venditore di pentole.
A qualcuno piace e lo trova il naturale sbocco dell’esordiente, a quel qualcuno consiglio di metterci lo stesso impegno quando scrive. Daje e daje, magari salterà fuori una roba degna di finire sul catalogo di un editore free.

L’EAP – e non fatevela raccontare in altra maniera, o vi stanno mentendo o non sanno quello che dicono – è come il sesso a pagamento: e state pagando per pigliarlo in quel posto.

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Informazioni su Gaia Conventi

Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

38 risposte a “La carità artistica che ti vuole a portafoglio aperto: il fascino antico della pubblicazione a pagamento.”

  1. LFK dice :

    Ancora con ‘sta cosa?
    Sai che credo che il gruppo de Il Sole 24 Ore stia per lanciare una casa editrice a pagamento? Non ha senso quell’articolo, o meglio, non ha senso scritto in quel modo.

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    • Gaia Conventi dice :

      Quale sarebbe la storia?
      Ah, la battuta sul Sole24 pare indirizzata ai bambini cretini. Te la potevi evitare.

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      • LFK dice :

        Non era una battuta, e non ce l’ho col tuo articolo, ma con il loro. Non riesco a capire per quale motivo l’hanno scritto, partendo tra l’altro da un’affermazione che praticamente tutte le case EAP evidenziano nelle loro proposte: molti grandi hanno pagato.

        PS: il “sta cosa” era riferito, tra l’altro, all’affermazione “pagare per pubblicare è una tradizione con illustri nomi”. No, la tua analisi Gaia è perfetta. 😀

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        • Gaia Conventi dice :

          E allora mi scuso, ho frainteso il commento. Magari era fraintendibile, ma ormai tendo a partire in quarta. Mi scuso nuovamente.

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          • LFK dice :

            No, rileggendomi, capisco la tua risposta. Sai, ci son giorni che non si riesce ad esser chiari. Oggi potrebbe essere il mio giorno non chiaro.

            Ma sì, in questi casi basta stare più attenti e tutto fila liscio… 😛

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  2. paolo f dice :

    L’articolo del Sole ha deluso anche me: mi piace molto quel supplemento culturale, il migliore che abbiamo, ma a volte vi si trovano o marchette o articoletti facili per riempire spazio. E’ un male che riguarda quasi tutta la stampa, poi.

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    • Gaia Conventi dice :

      Sì, il problema non è soltanto del Sole24, diciamo che la faciloneria è sempre di moda.
      Mi è stato chiesto un parere, ottima occasione per ribadire il solito concetto: non si paga per pubblicare.
      Faccenda che ormai ci sta venendo a noia. Anzi, si annoiano pure gli EAP a sentircelo dire!

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  3. Stranoforte dice :

    Diciamo che chi voleva aprire un nuovo giornale – il bidè 24ore – è arrivato tardi.
    No, perché qui in poche parole ti dicono che se stampi adesso a pagamento tra una trentina d’anni sarai famoso tu e le tue copie varranno fior di miGlioni l’una. Anche quarant’anni, come minimo.

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  4. Athenae Noctua dice :

    “Caritatevole” era un aggettivo che mi mancava… ma come si fa ad usare una simile qualifica per editori che, nella maggioranza dei casi, dagli investimenti degli autori non hanno che da guadagnare (considerando che molti non fanno altra selezione che quella basata sulla disponibilità degli scrittori a pagare)!? Quanto alla solita solfa di Svevo & co. che si sono autopubblicati, ci metterei una tassa sopra: è talmente usata che si potrebbe risanare il debito pubblico, non se ne può più! Quando si capirà che pagare un editore per stampare il proprio libro (spesso senza garanzie su editing e distribuzione) equivale a pagare il proprio datore di lavoro per essere assunti?

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    • Gaia Conventi dice :

      In effetti la faccenda dovrebbe apparire chiara: il guadagno d’un editore sta nello scovare un buon testo, nel lavorarlo a dovere, nel promuoverlo e nel venderlo.
      L’editore che si fa pagare per stampare un testo è, appunto, uno stampatore.
      Stampatore ed editore si somigliano come io somiglio ai miei lontani cugini: poco e solo per sentito dire. L’autore che intende pagarsi la stampa farebbe meglio a farsi fare un preventivo dal tipografo.

      E quante volte l’abbiamo ormai detto, ribadito e ripetuto? Tantissime. Ma evidentemente mai abbastanza.

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      • Athenae Noctua dice :

        Non molto tempo fa ho segnalato questa differenza (su cui siamo concordi anche terminologicamente) in un gruppo su facebook in cui si riunivano molti scrittori o, meglio, aspiranti tali, accanto a editori più o meno manifesti: mi sono sentita dare dell’ignorante, perché “evidentemente non conosco i meccanismi che regolano il complesso mondo editoriale”. Unisci a questo la polemica che ho avuto con un signore che, senza darne comunicazione alla sezione “inviaci il tuo manoscritto”, dopo qualche tempo se ne è uscito comunicandomi che la lettura sarebbe stata avviata una volta che avessi confermato la disponibilità ad autofinanziare la pubblicazione attraverso l’acquisto di un certo numero di copie (e gli EAP mascherati sono i peggiori).
        Per costoro sarò anche scema e supponente, ma è evidente che il principio basilare della distinzione non è per nulla chiaro a molte persone.

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        • LFK dice :

          Eh, ma anche tu… lo sai che tutti i grandi hanno pagato per diventare grandi, no? Ecco, tienilo sempre a mente. Ma se te lo dimentichi, tranquilla che te lo ricorderanno loro.

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        • Gaia Conventi dice :

          E ci sta, eh? Ci sta perché non tutti conoscono i meccanismi che regolano il complesso mondo editoriale. Difatti quel mondo lì si divide in editori e stampatori. Chi stampa non vuole sentirselo dire, e anche questo rientra nei meccanismi. Chi paga e pubblica non vuole sentirsi dare del pirla. Idem con patate, il mondo editoriale è così complesso che la coda di paglia la si potrebbe usare come segnalibro.

          Se poi – in privato – mi racconti chi è l’EAP mascherato, posso seguirne le tracce. Sport che mi riesce piuttosto bene. 😀

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          • Athenae Noctua dice :

            In privatissimo, però, ho sentito che ci sono EAP che si divertono a querelare a destra e a manca per queste cose (e, visto il cipiglio, quello non era dei più disponibili al dialogo), giusto per farci una figura ancora più bella! 🙂

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  5. Roberto R. Corsi dice :

    Grazie del rimbalzo Gaia e 92 minuti di applausi a chi ha ideato la vignetta dell’EAP con nasone e occhiali! Oltre a farmi ridere e rievocare Groucho, mi ha fatto riandare ai tempi in cui si giocava a Zak McCracken 🙂

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  6. arj74 dice :

    L’ha ribloggato su Wormhole Diariese ha commentato:
    Ancora una pantomima sugli editori a pagamento? Con la complicità del Sole 24 Ore che li presenta come caritatevoli (eh?). Leggete l’articolo (che è interessante e vi strapperà anche un sorriso amaro) e se poi volete restare altri 5 minuti date un’occhiata anche alla mia esperienza diretta scritta nei Consigli Non Richiesti.
    Caritatevoli? Cristo si è fermato a Milano, Via Monte Rosa 91.

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  7. ambrogio borsani dice :

    Tanto chattare attorno a una parola evitando il resto. Caritatevole era riferito alla Merini, che ho sostenuto per oltre vent’anno, e che dopo il manicomio non la pubblicava più nessuno. Quanto all’articolo, è nato sul caso Camilleri, contro i guru dell’editoria che fanno colazione con pane e marketing e poi si lasciano scappare la miniera d’oro del secolo. Questo era il centro, ma vedo che viaggiate in periferia…

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    • Gaia Conventi dice :

      Buongiorno sior Borsani, lietissima d’averla con noi, blogger che viaggiano in periferia e non hanno pagine di giornaloni da poter riempire.

      Quel caritatevole che in tanti abbiamo inteso come risibile – e sto cercando di restare sul complimentoso – forse andava contestualizzato meglio. Ché in tanti l’abbiamo inteso al peggio, e se siamo in tanti e tutti in periferia, forse il problema va cercato a monte. Forse, sia chiaro.
      Del resto, chi siamo noi – che siamo in tanti e tutti in periferia – per stabilire che un caritatevole accanto all’EAP suona come una vuvuzela in chiesa? Nessuno, ecco, appunto. Ma tanto ‘sto blog lo seguono in pochi, mica siamo il Sole24.

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    • LFK dice :

      A volte (ma solo a volte) la visione periferica mostra oggetti che normalmente non avremmo notato con la visione centrale. Forse il nostro problema è tutto qua. Abbiamo usato la lettura periferica, o forse non è stato ben evidenziato il centro. Ma sempre con beneficio di periferia.

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