“L’uomo ombra” di Dashiell Hammett.
Cominciato la sera prima di partire per Milano, durante l’andata mi sono resa conto d’aver cannato: un libro così non ti fa sopravvivere a un viaggio in treno, un libro così viene voglia di lanciarlo dal finestrino. Forse è per questo che Trenitalia ha deciso di piombare i vetri delle carrozze.
La prefazione di Diego Zandel mi racconta che «Dashiell Hammett nella sua vita scrisse un numero notevole di racconti, ma soltanto cinque romanzi» (pagina 5) e direi avrebbe potuto evitarsi la briga di scrivere questo.
Non so dirvi se sia colpa della trama – raffazzonata e poco hammettiana, tutta frizzi e lazzi, calata nel bel mondo di chi non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera – o della traduzione attempata di Marcella Hannau. Non so perché, ma so che mi pare azzardato asserire che «l’aspetto frivolo e mondano» è «venato da momenti di significativo realismo, al limite del dramma» (nella prefazione, a pagina 12). Se questa roba c’è, io non me ne sono accorta.
Qui di hard boiled non se ne trova, Nick Charles – ex investigatore che ha fatto la grana sposandosi – e la sua diletta e danarosa consorte sono più impegnati a versarsi da bere che a tenere compagnia al lettore. A pagina 115 ero stufa marcia dei loro drink. È vero che i dialoghi non sono male, ma possono essere datati al carbonio-14. Tra i protagonisti c’è pure il cane Asta – «che era uno schnautzer e non l’incrocio di uno scottie con un terrier irlandese» (pagina 24), e assieme ai padroncini fa tanto Cuore e batticuore.
Tra un «crivellato di rivoltellate» (pagina 21), una «vestaglia di codesta gradazione di azzurro» (pagina 38), lo «sdrucio profondo» poco sotto la «zinna sinistra» (pagina 45), la «camera di soggiorno» ripetuta con l’insistenza di uno che vuole arredartela a peso d’oro e altre incartapecorite amenità, il viaggio di ritorno da Milano l’ho fatto in compagnia di un altro libro. E questo, manco a dirlo, fila dritto nel prossimo paccozzo commentozzo.
10 risposte a ““L’uomo ombra” di Dashiell Hammett.”
Trackback/Pingback
- 10 settembre 2014 -
Dai, la zinna sinistra te lo sei inventato!
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Ecco il contributo fotografico. 😀
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e io che mi lamento delle traduzioni dei libri della Arcana… -___-
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Mi sembra di capire – lo leggo su Wiki – che la traduzione risalga al 1953 (per Longanesi).
La mia edizione è un Oscar Mondadori (prima edizione del giugno 1984). Quindi nel 1984 la traduzione era ancora quella, e forse già risultava vecchiotta.
Poi, e lo vedo sempre su Wiki – Altieri, per Mondadori (Meridiani), ci ha messo una pezza nel 2004. A questo punto devo trovare la nuova traduzione e la devo mettere a confronto con quella del ’53. Saranno certamente differenti, e ci mancherebbe!, ma la struttura del romanzo resta quella.
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E’ che zinna è un termine che in un libro non si può proprio sentire, a meno che non ci sia qualcuno (di Roma) che dice, che so, “quella c’ha due zinne così!”
E non mi sembra il caso di questo libro
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Ehm… no, niente romani nel libro.
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In effetti io “zinna” l’ho visto usare in un libro solo da Pasolini, e non in contesti particolarmente nobili… °_°
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Altieri????? Ohhhhhhhh signurrrrrrrrrrrrrrrrrrrr! Non sarà mica l’Altieri che ha tradotto Martin e le sue “Cronache del ghiaccio e del fuoco” ! Perchè se è lui non conterei molto sulla bontà della nuova traduzione…. almeno con Martin ha fatto proprio pena……………….
Hammett è stato una mia passione di gioventù, io l’ho letto nella traduzione dell’ editore Guanda, mi sembravano traduzioni ben fatte…
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Seguirò il tuo saggio consiglio. 😀
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