“Pietra è il mio nome” di Lorenzo Beccati.

Prima di partire con la recensione vera e propria, permettetemi un pistolotto iniziale. Se siete di fretta potete saltarlo, se leggete abitualmente gialli storici, invece, magari finiremo per accapigliarci su questa mia esternazione: succede spesso – non dico sempre, dico spesso – che gli autori di gialli storici mettano grande cura nell’ambientazione e molta meno nell’intreccio delittuoso. Sappiate che lo dico senza alcuna malizia, potrei essere io a non aver inteso come si scrive un giallo storico. Sarei quindi curiosa di conoscere la vostra opinione di ferventi lettori di tale genere.

Ok, dopo aver alimentato la piccola polemica di oggi – ci aiuta a tenere viva la conversazione, ne converrete – eccomi a dirvi cosa ho trovato in questo romanzo.

[Questa è la fascetta, anche alla Nord i fascettisti ci vanno giù pesanti].

Pietra è il mio nome è ambientato a Genova all’inizio del Seicento – con richiami frequenti all’antefatto del 1586 – e frequenti capatine sulla Galea Capitana della flotta genovese, dove incontriamo un tizio infisicato e cattivissimo che per buona parte del libro pare non avere molto da spartire col resto. In realtà così non è, lo impariamo dopo 270 pagine e a pagina 275 ci siamo già tolti il pensiero. La protagonista è Pietra la rabdomante, l’atmosfera è quella del carnevale.
La nostra Pietra usa la bacchetta magica – sì, ok, è una bacchetta da rabdomante ma detta così fa meno scena – per nascondere il fatto d’avere acume e buonsenso, è con queste doti che viene a capo dei piccoli misteri che la clientela le chiede di risolvere, mestiere che le dà da campare. Dunque una protagonista davvero affascinante in un contesto misterioso, Pietra – detta la Tunisina – ha tutte le caratteristiche necessarie ad ammaliare i lettori. E un piccolo neo.

Ora, sia chiaro, magari ce lo vedo soltanto io che sono fan di Boston Legaldove uno strepitoso William Shatner ripete il proprio nome come fosse un mantra.

 

Fatto sta che quel «Pietra è il mio nome» ha cominciato fin dalla sua prima apparizione a causarmi un risolino incontrollabile. E non posso certo dare la colpa a Beccati, che è sì un autore televisivo, ma magari non ha mai visto Boston Legal. Insomma, questo piccolo dramma è assolutamente personale, riguarda soltanto me e voglio sperare che nessuno debba soffrire del mio stesso sorrisetto scemo a ogni «Pietra è il mio nome». Anche perché il libro si chiude proprio così, vi lascio immaginare come il mio problema sia andato aggravandosi durante le trecento e sbrisga pagine di questa vicenda.

Ciò non toglie, però, che il romanzo sia scritto in punta di fioretto e l’editing sia impeccabile. Lo si legge alla svelta e risulta gradevole. Pur ammettendo che dietro si lascia poco e la fase delle indagini non è il suo forte. Però, se cercate un libro elegante – fin dalla copertina –, sono certa di potervelo consigliare. Se, invece, andate matti per i gialli ben congegnati e parecchio credibili, be’, ecco, allora no. Ma, ehi, lo sapete che sono un lettore esigente…

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Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

16 risposte a ““Pietra è il mio nome” di Lorenzo Beccati.”

  1. paolo parigi dice :

    Ma Lorenzo Beccati non è il Gabibbo?

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  2. Daniele dice :

    Secondo me, se si decide di fare un giallo ad ambientazione storica, sia la parte storica che l’intrigo dell’indagine vanno curati bene – per dire, se fai un giallo medico, devi curare sia la parte medica che quella misteriosa.
    Sennò scrivi storie di serial killer – da bambino pensavo che i serial killer li avessero inventati giallisti troppo pigri per costruire un buon intrigo a camera chiusa: già da piccolo rompevo assai le scatole 😛
    Riguardo a questo libro, se ho capito bene l’intreccio investigativo è semplice: potrebbe dipendere dalla protagonista? Per dire, se come autore creo un personaggio semplice, gli faccio affrontare problemi all’altezza – perciò, se fossi capace di costruire un giallo, magari lo creerei attorno a chi lo dovrà risolvere, in base alle capacità – enormi o scarse – che possiede.

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    • Gaia Conventi dice :

      L’unica esperienza di giallo storico – in qualità di autore (che dire autore mi fa comunque ridere) – è la novella “Quarti di vino e mezze verità” (sta in “Novelle col morto”). Ma quello è un breve romanzo storico – comico – ideato proprio per perculare il genere.
      Sono partita da un quesito, un mistero un pochino strambo, e poi mi sono chiesta chi potesse lavorarci per trovare la soluzione. Un mistero così doveva avere una certa ambientazione, ambientazione che richiedeva un certo tipo di personaggi. Ci ho infilato dentro un po’ di storia estense, altra l’ho inventata (sempre restando nel probabile e nel quasi credibile) e sono andata di cretinerie nei dialoghi. Ma, ribadisco, è cosa scritta per pigliare in giro chi i gialli storici li scrive con tutte le brutture del caso, dai passaggi segreti al meteo avverso. 😀

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      • Daniele dice :

        Quindi un Cluedo di qualche secolo fa XD
        Le parodie ben fatte sono sempre una cosa bella 😉

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        • Gaia Conventi dice :

          Non so dirti se la parodia sia ben fatta, ma certo non ho lesinato coi cliché. E poi, dopo tutte ‘ste cialtronate televisive – che seguo, sia detto – sui Borgia, mi sembrava il momento di tirare in ballo i parenti ferraresi. 😀

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          • Daniele dice :

            Sei una persona spiritosa, hai buone possibilità di creare parodie ben fatte. E se l’ispirazione viene dalla serie dei Borgia (dove bei costumi incontrano sfondoni storici) il sentimento c’è tutto 😛

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            • Gaia Conventi dice :

              La storia italiana vista dagli ammeregani è quella cosa che “Prendi il Vietnam e aggiungi i gladiatori, prendi gli indiani e vestili in velluto e perline”. Poi occorre farli ingroppare tra loro, ammazzarne quattro su cinque e salvare l’eroe. Il tutto spruzzato con pummarola che tanto pare sangue e vedrai che tutti ci cascano. Ovviamente occorrono gli attori che “Ma che bela Italia, io mangia spaghetti e pensa a voi” – e si comprano bicocche d’epoca in Toscana, gli spaghetti sono inclusi nel prezzo. Serve anche il regista che ha sempre girato film d’azione, poi nei film storici fa gli inseguimenti con le bighe e ha la fortuna che le spade non prevedono il caricatore. Nei film ammeregani le pistole sparano anche scariche, ma succede solo lì. A questo caravanserraglio vanno aggiunti i soldini e soldoni di chi sa d’aver investito bene: un film ammeregano ambientato in Italia fa storia e fa mafia. Piace a tutti, tanto poi a film finito è tutto un Vietnam: pari e patta.

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              • Daniele dice :

                Tanto i nostri scritthobby pareggiano i conti ambientando i loro intrighi in città americane prese di peso da telefilm polizieschi e film in cui esplodono pure i libri.
                Chi sa chi ha iniziato la faida?

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  3. Sara dice :

    a me fa un po’ impressione la copertina, sembra che qualcuno abbia fotoscioppato pixellando allegramente il colletto della maglia

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  4. adelemarini dice :

    Ciao Gaia. Se hai trovato un neo a Beccati non posso immaginare cosa troveresti a me. Comunque, a proposito di ripetizioni finalizzate alla storia, ti segnalo quel “sono un dirigente del partito comunista e non ho niente da dichiarare” con cui Gian Maria Volontè va avanti per buona parte del film “Il sospetto” di Maselli del ’75 (quando si producevano anche operine con un certo significato. ,

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