“Gli opinionisti”, testo teatrale – dissacrante quanto basta – di Mario Borghi
Se la vita è un sogno, i sogni aiutano a vivere e tutto il mondo è teatro, le frasi fatte e strafatte e girate come le frittate sono la sciolina giusta per far correre Gli opinionisti, malevola pièce che vale la pena leggere e vedere. Leggere grazie a Le Mezzelane Casa Editrice e vedere a teatro, dove riuscirebbe all’incirca così… [clicca qui].
“Permette?… Idem. Piacere, Incrociatore” di Mario Turolla e Ugo Bertaglia, con prefazione di Diego Marani.
Anni fa avevo letto e recensito il sequel, e Alchermes e l’Anisetta mi avevano dato grandi soddisfazioni. Ma proprio non riuscivo a scovare il fratello maggiore di questa allegra famigliola di nomi e cognomi, e l’ho cercato ovunque. Finalmente qualche giorno fa sono riuscita ad acquistarlo e ora, dopo averci guardato dentro, posso nuovamente ribadire che la mia zona – oltre alla salama da sugo – sa proporre delizie onomastiche di tutto rispetto.
“Nel cognome del popolo italiano” di Vito Tartamella (prefazione di Giampaolo Dossena).
Ormai sono entrata nel tunnel e, dopo avervene parlato qui, torno a farmi pippe mentali sui cognomi. A mia discolpa posso soltanto dire che questo saggio stava nella bibliografia di quell’altro e che Vito Tartamella l’avevo già letto in questa occasione.
“Spari nel buio. La letteratura contro il cinema italiano: settant’anni di stroncature memorabili” di Gian Piero Brunetta.
Potevo non lasciarmi tentare da questo titolo? No, proprio non potevo, e infatti ho dovuto cercare il libro ovunque – non è più in catalogo, la roba bella sparisce sempre – per poi scovarlo finalmente su ebay. Il tizio non sapeva cosa mi stava vendendo, l’avesse immaginato mi avrebbe chiesto uno sproposito. E invece…
“Dimmi come ti chiami e ti dirò perché. Storie di nomi e cognomi” di Enzo Caffarelli. Per il Reading Challenge 2016 e con recensione facciale.

Un saggio assai saggio. E poi si ride!
Stamattina facciamo contenta la categoria 7 del Reading Challenge 2016: “Un libro non di narrativa (saggi, poesie, ecc.)”. Chi mi conosce non si stupirà di vedermi alle prese con un saggio d’onomastica. Sarebbe stato ben più sorprendente se avessi scelto un testo poetico, a quel punto in tanti si sarebbero preoccupati.
“Come sopravvivere al politicamente corretto. Prontuario (semiserio) delle follie iper-correttiste” di Luigi Mascheroni.
Ecco un libercoletto spinoso. Già il suo reperimento potrebbe farmi incappare nelle ire dei commentatori anonimi – sappiate che non ho tempo… andale! – perché dire in un blog di genere vagamente libresco che il tomo – in realtà un tomino – in questione era in vendita col quotidiano Il Giornale è come investire una suora sulle strisce pedonali: non è bello, non sta bene – nemmeno la suora sta bene, ma anche dare troppo spazio ai lamenti clericali, siora mia, non è cosa – e dunque meglio sarebbe se vi autoconvinceste che il Mascheroni mi è stato recapitato per posta. Da un ammiratore misterioso. Se così vi piace di più, allora andiamo avanti.
Ah, non chiedetemi che fine abbia fatto il quotidiano, sulla mia scrivania non è arrivato. Però la pagina culturale de Il Giornale la leggo online. Sì, leggo anche quella di Repubblica. Non sai mai da dove può arrivarti una dritta, invito i duri e i puri a fare meno gli schifiltosi.
“I «gioielli» di Monty Bodkin” di P.G. Wodehouse (trad. Elena Spagnol, intro di Franco Cavallone) per il Reading Challenge 2016 e con recensione facciale.

Oh che gioia i «gioielli» del gioiellino!
Eccomi a sfamare la categoria 3 del Reading Challenge 2016: “Un libro uscito nel tuo anno di nascita”. In questo caso si tratta del 1974 – alle signore non si chiede l’età, ma ci sono anche signore che se ne fregano –, in quell’anno il libercolo uscì in Italia. La versione originale è del ’72, ma visto che io leggo in italico idioma… Insomma, ok, ci siamo capiti. Per fare le cose con criterio – alla faccia dei perfettini! – mi sono pure dotata della prima edizione Oscar Mondadori del gennaio 1974. Vogliatemi bene, raramente mi succede d’essere così spaccaculo ai passeri.
“Al mio giudice” di Alessandro Perissinotto (per il Reading Challenge 2016 e con recensione facciale).

Niente è come sembra! Io in effetti sembro un po’ scema, e invece…
E con questo naso rosso – occorreva sdrammatizzare il giallone informatico – vado ad accontentare la categoria 8 del Reading Challenge 2016: “Un libro consigliato da un amico”. L’amica in questione è la mia erborista che, secoli fa e dopo averlo elogiato in più occasioni, mi ha regalato la sua copia di Al mio giudice. Ovviamente il libro è finito tra millemillanta colleghi cartacei, che è un po’ come averlo perso. Per fortuna le pile di libri – per loro natura instabili – cascano, ed eccomi a ritrovare cose che credevo scomparse. E che vengono buone per il Reading Challenge, anvedi la fortuna!
“La confraternita dell’uva” di John Fante (traduzione di Francesco Durante, prefazione di Vinicio Capossela).
Houston, abbiamo un problema: il libro è bello ma non mi è piaciuto. Che faccio?, fingo d’essere andata in estasi comunque – vedo che l’internèt si sollazza assai in tale solluchero – o dico pane al pane – e col “vino al vino” restiamo in tema – e ammetto che la famiglia Molise mi sta sul culo quanto gli attaccabrighe da social? Ok, ormai ho svelato la magagna, e di questo mio malessere bisogna dare merito all’autore: John Fante è riuscito a farmi odiare la sua famiglia, ché i Molise sono i Fante e Nick Molise – paparino burbero, avvinazzato e cazzone – è davvero imparentato col nostro John. Ma sapevo – lo sapevo, santa pazienza! – che avrei detestato Fante nella sua versione “affranto e affermato scrittore cinquantenne”, e lo sapevo dopo aver detto malissimo di Il mio cane Stupido.
“Fondamenta degli Incurabili” di Iosif Brodskij, tradotto da Gilberto Forti (lettura del Reading Challenge 2016 con contorno di recensione facciale).

Veni, vidi, Venice.
Qualcuno, tempo fa – mi sfugge il chi e mi sfugge il quando, ma non sono dati fondamentali –, mi ha detto che Fondamenta degli Incurabili è il miglior libro dedicato a Venezia. A quel punto sono certa d’aver risposto che Morte a Venice di Ray Bradbury (trad. Giuseppe Lippi) è il più brutto romanzo mai ambientato a Venice, un quartiere di Los Angeles. Così, a occhio e croce. La conversazione ovviamente non è andata oltre: se chiami in campo il meglio e il peggio, la partita finisce in pareggio e puoi metterti a disquisire del meteo. Direi che è andata proprio in questo modo. Però il libro di Brodskij l’ho messo nella mia lista dei desideri di Anobii – dubito che il mio interlocutore si sia preso lo stesso disturbo col romanzo di Bradbury – e quel buon diavolo di Mosco – diavolessa, per chiarire; diavolessa e grande amica di Giramenti – ha pensato bene di metterci una pezza: regalandomi Fondamenta degli Incurabili. Inutile dire che il caso non capita mai per caso – al caso non credo più, credo più volentieri a Babbo Natale –, perché nel frattempo dovevo tappare il buco della categoria 9 del Reading Challenge 2016: “Un libro di un Nobel per la letteratura”. Iosif Brodskij lo vinse nel 1987, ma ha fatto un mucchio di altre cose. E per questo c’è Wiki, io non fingerò di saperne altrettanto.
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