“D’argine al male. Dove i topi non muoiono” di Gaia Conventi (Le Mezzelane, 2017)
Nell’estremo lembo della provincia ferrarese, dove il Po incontra il mare, Giovanni e Iolanda, fratelli e nemici, devono patteggiare per sopravvivere. La loro casa è nascosta nella golena; lì accanto il cimitero. Il Po e l’Adriatico scandiscono ore e stagioni come le campane a morto segnano i giorni dei protagonisti. Lui con un passato di ricoveri psichiatrici, lei priva di uno scopo e intenzionata a trovarne uno. Morendo, la madre ha lasciato dietro di sé le macerie di un morboso attaccamento alla figlia e Giovanni ora può finalmente far scontare alla sorella anni di materne angherie. Ma non sarà questo a innescare il meccanismo che li porterà allo scontro, perché mentre Giovanni trama Iolanda agisce: rimasta senza la madre da accudire, l’anziana donna cerca una bambola a cui prestare attenzioni:Francesca, una bambola viva. Sarà lei a riportare a galla il marcio che cova nel passato di Giovanni e Iolanda. Divisi seppur inscindibili, ma nella vecchia casa non c’è spazio per entrambi.
Il libro è QUI.
“D’argine al male” di Gaia Conventi, recensito dall’oste Mario Borghi
L’amico mio carissimo – che manco si è fatto pagare per il disturbo, dunque è caro ma non in quel senso – ha letto e recensito il mio D’argine al male. Dicendone benissimo. Ma tu guarda la fortuna d’avere amici che sanno pure leggere!
La recensione la trovate dall’oste: QUI.
“D’argine al male” secondo Rino Conventi (la parentela non è casuale…)
Non per questioni di parentela, ma di oggettività, affermo proferisco e sentenzio che “D’argine al male” è assolutamente da leggere.
Dovrebbe essere letto al buio, ma non assoluto, altrimenti dovrebbe essere stampato in braille: va bene al lume di candela. Quale sottofondo suggerirei qualche “Concerto Grosso” di Corelli, Geminiani o Marcello (i “larghi”, non i “presto”).
Infine, sarebbe da sottoporre per un adattamento cinematografico a due Maestri, uno in qualità di grande conoscitore ed estimatore dei luoghi, Pupi Avati (ma si sa che è sua abitudine girare soltanto soggetti propri), l’altro quale Maestro Inarrivabile ed Assoluto, Stanley Kubrick (e qui gli impedimenti si sprecano): comunque, un adattamento sul grande schermo, sarebbe “la sua morte”.
Ma al “Premio Gianni Rodari”, non so come dirtelo, Gaia, non mandarlo.
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