Chi paga e chi pecca d’ottimismo

Cominciano il nuovo anno parlando di qualcosa d’originale: i libri pagati da scrittori paganti. Ancora? Ma non ne abbiamo già parlato – male – decine e decine di volte? Già, ma a noi piace ripeterci, soprattutto quando l’argomento è interessante.

Chiamatela editoria a pagamento o “mi regalo un libro”, dite “gli editori non mi capiscono” o “anche tal de tali ha pubblicato il primo libro di tasca propria”… Insomma, ditelo alla vostra maniera, noi crediamo faccia comunque una pessima impressione. Ricordatevi che nel vostro curriculum ne rimarrà traccia, anche se in seguito pubblicherete in maniera canonica. Prima di cedere alle lusinghe, pensateci bene… poi ovviamente farete di testa vostra – e col vostro portafoglio – ma sappiate che saremo in tanti a farvelo notare: l’editoria a pagamento abbruttisce la vostra carriera di scrittori.

Lo spunto della giornata ci arriva da Michela Murgia (“Accabadora”, Einaudi), che risponde a un post di Sergio Portas.

Potete leggere entrambi o farvi fare da noi un sunto, dipende da quanto tempo avete da dedicare al problema.

Sergio Portas scrive un lungo articolo sugli autori sardi editi da “Davide Zedda Editore” e presenti al Salone della Piccola e Media Editoria di Milano. La Murgia gli rimprovera di non aver messo in chiaro una faccenda: Zedda è un editore a pagamento. Non staremo qui a dirvi di non pubblicare con Zedda, non ci interessa nemmeno sapere il suo listino prezzi. Oggi vogliamo proporvi la visione di Michela Murgia rispetto all’editoria a pagamento, e di questo parleremo.

Michela Murgia scrive, nel suo articolo in risposta a Portas, che l’editoria a pagamento causa diversi danni: Il primo […] all’autore, che viene illuso che pagare per pubblicare sia una strada per valorizzare il proprio talento, mentre è vero esattamente l’opposto: se è un autore bravo, da quel momento per lui la strada per una casa editrice seria sarà tutta in salita. Se invece è un autore che non ha prospettive, gli verrà alimentata l’illusione del contrario.[…] La casa editrice non investe niente: non ci sta mettendo i soldi suoi, non ha nessun costo di revisione del testo […]e se anche non si vende una copia non ci rimette nulla, quindi non ha nessun interesse a promuovere, distribuire o valorizzare la collocazione del libro: farà tutto l’autore attraverso le sue conoscenze e le sue relazioni. […]

C’è anche un inganno causato direttamente al lettore, che qualche volta trova nelle librerie locali queste pubblicazioni di nessuna qualità editoriale, senza neanche la più elementare correzione delle bozze, affiancate a titoli di autori che invece sono stati selezionati con cura e i cui testi sono stati corretti e curati da persone competenti. Una casa editrice seria è una garanzia per il lettore, perché su ogni libro suo c’è un avviso non scritto che dice: “caro lettore, questo libro l’ho letto prima di te, l’ho giudicato buono e ci ho investito sopra dei soldi per farti avere in mano una cosa che ritengo valida. Se ti fidi di me, fidati di questo autore.” […] Con i libri degli editori a pagamento invece si finisce per portarsi a casa, e magari regalarlo, un libro che costa esattamente come un altro, ma dietro il quale non c’è la competenza di nessuno, spesso neanche dello stesso autore, e non c’è alcun patto di fiducia tra editore e lettore. L’altro danno è rivolto agli editori veri, quelli che pagano l’autore per il suo lavoro, anziché farlo pagare, e che tengono in piedi una struttura di professionalità che si prende cura del testo, lo corregge, lo stampa, lo distribuisce, lo promuove e lo accompagna in ogni momento della sua vita editoriale.

Per questi motivi i libri delle case editrici a pagamento non vengono recensiti sui giornali nazionali, non vengono distribuiti nelle librerie attente e i loro autori non vengono invitati ai festival letterari importanti insieme agli scrittori che pubblicano nel vero senso della parola. Per questo motivo io e molti altri autori non presentiamo i nostri libri in librerie che distribuiscono gli editori a pagamento e ovviamente non presentiamo né pubblicizziamo questi autori nelle molte occasioni in cui qualcuno ci chiede un consiglio di lettura, perché farlo significherebbe legittimare il sistema che li sta usando e illudendo. […]

Ci pare che il discorso fili ma – come fanno osservare anche alcuni commentatori – non è detto né che approdare a Einaudi e similari sia così scontato, né che Einaudi e similari propongano sempre roba leggibile. Se poi vi piace Melissa P, ditecelo e chiudiamo qui, sarebbe inutile insistere.

Si tenga anche presente che online c’è ancora qualcuno che recensisce libri a pagamento, noi li abbiamo visti esposti anche in qualche libreria, sullo scaffale “poveri sfigati scrittorucoli locali”. Lì pare esistere una totale anarchia, ma non ci vuole molto a capire che buona parte di quegli scritti è stata pubblicata a pagamento. Tempo fa ci siamo imbattuti in un libro pubblicato a pagamento in cui la panzanata arrivava già a pagina 3: un giallo storico ambientato nel tal posto… che però è stato edificato diversi anni dopo il periodo in cui il giallo pretende d’essere ambientato. A noi è bastato poco per scoprirlo – grazie History Channel! – all’autore sarebbe bastato fare un salto su Wikipedia che – nel bene e nel male, e nonostante errori grossolani – a qualcosa ancora serve. Vogliamo credere che da Einaudi si sarebbero posti il problema, o almeno vogliamo sperarlo.

Quindi, in questo caso, la Murgia ha ragione: ci siamo portati a casa un libro che merita di curare la zoppia di un tavolo. Eppure la cosa ci è capitata anche con grossi nomi – fate un giro su Giramenti e ne scoprirete a bizzeffe! – e lì non abbiamo potuto dare la colpa alla mancanza di editing e all’inesistente cura benefica di uno staff preparato e attento. Lì il problema era il libro, e l’autore che si porta in dote un buon nome… ma una pessima penna. Ovvero, qui la Murgia si dimostra piuttosto ottimista: una grossa casa editrice non è indice di qualità, come non è detto che una piccola e media sia indice di maggior attenzione verso il prodotto. Negli anni abbiamo conosciuto piccoli editori che in catalogo hanno inserito mogli e figli, piccoli editori nati per pubblicare le proprie cose perché stanchi di pagarne altri, piccoli editori che – per fare il salto di qualità – si sono affidati a improvvisati autori, di tutt’altro mestiere, apparsi un paio di volte in tv.

Torniamo un attimo alla faccenda: se sei bravo ci arrivi. Ci sembra di scorgere anche qui una battuta d’ottimismo degna del miglior film natalizio. Non ci pare che le cose vadano proprio così, ma siamo disposti a scendere a patti: se sei bravo, conosci la gente giusta, hai una botta di culo…

Già, la gente giusta. Spesso il mistero sta proprio qui e ve l’abbiamo suggerito più volte. Peccato che questo i grandi nomi non lo dicano mai. Se avete tempo e vi va di socializzare un sacco – spesso turandovi il naso – potete decidere di entrare nelle grazie di grossi nomi cartacei. Tenete presente che è una faticaccia e c’è il rovescio della medaglia: se siete davvero bravi, e il vostro beniamino se ne accorge, sarete messi da parte. Quelli bravi danno sempre fastidio, ma per una buona causa potrete anche fingervi mediocri. Contenti voi…

Ci scusiamo con Michela Murgia, autrice di successo giustamente approdata ad una casa editrice seria (che pubblica anche cretinerie inaudite, ma non è il caso della Murgia). L’abbiamo inserita sulle nostre pagine per un buon motivo – o almeno a noi pare buono: ribadire che l’editoria a pagamento non è un buon punto di partenza, e nemmeno un traguardo a cui tendere. Vogliamo però farvi presente che l’eccessivo ottimismo di Michela Murgia non è il nostro: non sappiamo quanta gavetta abbia dovuto fare lei, sappiamo quanta ne stiamo facendo noi e quanta ancora ne faremo… Essere ottimisti ci pare eccessivo, preferiamo fermarci al livello “moderatamente speranzosi”.

g.

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Informazioni su Gaia Conventi

Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

Una risposta a “Chi paga e chi pecca d’ottimismo”

  1. laura dice :

    Perfettamente d’accordo. Ti ricordi Umberto Eco come chiama questo tipo di editoria? Vanity Press. Bello no?

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