L’editoria finisce la trippa e l’autore s’intrippa: storie di grandi autori che patiscono la crisi e la patiscono un mucchio. O poverini!

Interessante l’articolo La solitudine dello scrittore – di Paolo Di Stefano per il Corrierone – ma, come mi fa notare un amico, Di Stefano s’è lasciato prendere la mano ed è andato per le lunghe. Ok, ma mettetevi nei suoi panni: siete sul Corriere della Sera, non volete restarci il più a lungo possibile? Detto questo, dissezioniamo la salma.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito a veri cataclismi editoriali – so che ne avete sofferto quanto me –, da Vikram Seth – l’autore di Il ragazzo giusto – che si è visto costretto a restituire alla Penguin il considerevole anticipo ricevuto per la stesura del nuovo manoscritto – a tal proposito vi consiglio questo post su La teiera –, a Martin Amis che si dice pentito d’aver incassato 500 mila sterline per L’informazione, faccenda che lo costrinse poi a cambiare agente. Come apprendiamo da La Repubblica, lo scrittore è davvero amareggiato: «Avrei dovuto accettare l’ offerta iniziale dell’editore», ossia 300mila sterline. «Sarebbe stata la scelta migliore per una persona come me che vuole una vita tranquilla». Una vita tranquilla, certo. Mica agiata, no, agiata è troppo. Sior Amis, ma mi faccia il piacere!

Assieme a questi sconquassi – ribadisco: se ne avete sofferto quanto me, possiamo anche metterci a parlare del meteo –, ecco spuntare J.K. Rowling. Il suo Il seggio vacante è piaciuto, non è piaciuto, ha venduto e non ha venduto: scegliete voi la versione che preferite. Dando per certo che il botto mancato sia dovuto al Potter mancato – la gente voleva quello, non raccontiamoci cazzate –, la siora Rowling ha pensato – e pensato bene – di fingersi vittima di se stessa.
Immagino si sia detta più o meno così: «Sai che famo? Famo che ho levato il Potter e adesso pure il mio cognome. Poi pubblico con un nomignolo e, quando nessuno se lo aspetta, me ne esco che sì, sono io, ma non volevo mica che… ah!, cazzo!, mi avete scoperta! Be’, sì, volevo farvi una sorpresa, farvi capire che sono brava anche senza il Potter e senza il mio solito cognome. E poi, porca puttana!, quel The Cuckoo’s Calling ha venduto meno del Premio Bancarella, eccheccazzo!». Chiaramente la Rowling, in caso l’avesse pensata così, l’avrebbe pensata in inglese. Non stiamo qui a sottilizzare, e non stiamo nemmeno qui a raccontarcela, su!

Poi, come conferma anche Net1News, le vendite del libercolo “del sior nessuno ora Rowling” sono schizzate alle stelle. È vero, non c’è il Potter, però c’è il cognome. E quel cognome vale ancora qualcosa. Contenta, siora Rowling? Bene, dopo aver fornito alla siora questa pillola blu d’autostima, passiamo oltre.

Sono tante le cose che mettono i crisi ‘sti poveri scrittori. Un senso di straniamento a cui il self publishing potrebbe dare il colpo di grazia.
Secondo Carmine Donzelli – la Donzelli Editore si occupa di saggistica figa – «Le autorialità talmente eccelse da potersi gestire in proprio saranno, nel mondo, non più di un centinaio. Io credo che il self publishing potrà riguardare quei pochi autori capaci di vendere se stessi senza l’intermediazione dell’editore; oppure la pletora infinita dei dilettanti allo sbaraglio, che scrivono tantissimo senza leggere e che si illudono di poter saltare, con una presa diretta sconsiderata, il meccanismo che presiede alla costruzione del libro. Nella maggior parte dei casi, però, l’autorialità è sì il frutto del genio individuale, ma non può prescindere da altri elementi più condivisi che fanno riferimento a un editore». Sta per: “Fatti un esame di coscienza e molla la pezza: il self in mano tua è come una monoposto a metano guidata da un bambino di sei anni, legato e bendato”.

E gli autori soffrono e continuano a soffrire. Soffrono soprattutto per il calo negli anticipi. O poverini!
Secondo Giuseppe Russo – direttore editoriale Neri Pozza –, «La crisi economica pone problemi ai mega anticipi, di cui bisogna rendere conto nei bilanci: le star della narrativa, abituate ad anticipi spaventosi, sono quelle che risentono dei cambiamenti». Ora, noi possiamo anche metterci nei loro panni ma, se gli autoroni si mettessero nei nostri, scoprirebbero motivi ben più validi per lamentarsi.

Secondo Paolo Di Stefano, autore dell’articolo, presto ci saranno due mercati distinti: quello megacommerciale e quello di nicchia e di qualità, mentre oggi i due piani sono sempre più confusi, anzi, coesistono spesso sotto lo stesso tetto. Il marcio che vende starà da una parte, la roba buona che vende poco starà dall’altra. Nel frattempo le librerie di catena andranno a ramengo e torneranno in auge le piccole librerie specializzate, umane, di quartiere.
Sì, ma… quando? Ché io tutte ‘ste belle cose non le vedo. Però, se me le promette Giuseppe Russo – «Sì, si verificherà una controtendenza rispetto all’indistinto del web: conteranno molto anche le nuove forme di socialità viva, come i club del libro, che già sono attivi» – io mi metto tranquilla, mi metto comoda e aspetto volentieri.

Tornando al self publishing, per Mondadori è «un bacino di ricerca di autori: prima leggevi i manoscritti che arrivavano in casa editrice, adesso valuti quelli che arrivano per via digitale, che sono molti molti di più, ovviamente». E questo è un bene, eh? Avete mai chiamato la Mondadori per sapere come inviare un manoscritto? Se sì, ve lo ricordereste.

Ad Antonio Franceschini – direttore della narrativa Mondadori – viene però fatto notare che ai bei tempi – eh, si stava meglio quando si stava peggio! – i manoscritti venivano selezionati con maggior scrupolo. E ora, invece? «La selezione ci sarà sempre» ci rincuora Franceschini, «ma oggi è molto più difficile che in passato. E una volta il sistema non era certo perfetto: negli anni Sessanta un manoscritto, prima di essere rifiutato, poteva avere tre letture autorevoli interne. Questo succedeva non perché quell’editoria fosse fatta di geni, ma semplicemente perché le proposte erano infinitamente inferiori». Gente, porco cane!, smettetela di scrivere che poi intasate le redazioni!

«E non sempre le motivazioni erano giuste». Ah! Quindi anche quando si riusciva a far leggere il proprio manoscritto – addirittura tre volte e da gente preparata – si correva il rischio di vedersi mettere alla porta per un niente. Ma tu pensa! Eppure il bello ancora dovete leggerlo: «Ora, io mi chiedo: è meglio che un romanzo venga rifiutato per ragioni sbagliate o è meglio che non venga letto?». Interessante!, meglio un pugno in faccia o un calcio nel culo? Non saprei, è un dubbio che mi porterò nella tomba.

Altro fattore che potrebbe levare il sorriso agli scrittori – scrittori che per Paolo Di Stefano sono «a disagio nell’era del self-publishing», gliela consigliamo la magnesia, che dite? – è dato dalla critica letteraria che si è un po’ persa per strada. Così gli autori non leggono le critiche e si limitano a cercarsi in classifica.

Da tutte queste informazioni ne ricavo una sola certezza: i grandi autori sono stati osannati per anni, trattati da belle fighe e pagati troppo. La crisi li ha investiti e adesso soffrono. Nel frattempo la crisi ha investito anche noi comuni mortali, ma noi ci facciamo meno pippe e, quando scatta il momento della lamentazione, andiamo a farci una birra con gli amici. Faccenda che si risolve in breve e senza scomodare i giornali.

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Informazioni su Gaia Conventi

Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

22 risposte a “L’editoria finisce la trippa e l’autore s’intrippa: storie di grandi autori che patiscono la crisi e la patiscono un mucchio. O poverini!”

  1. Sara Crimi dice :

    Interessante. Sai, cara Gaia, che io la penso – e non da oggi – come Di Stefano? È una semplice legge economica, di quelle che si imparano al terzo o quarto giorno della facoltà di economia: il mercato tende all’equilibrio, se ne occupa la “mano invisibile”. Penso che valga lo stesso per i sedicenti o gli aspiranti traduttori mossi da ottime intenzioni e poco talento. Lo stesso accadrà, accade, ai tramisti e alle librerie di catena. Il mercato sopporta per un po’ l’offerta di scarsa qualità e il consumatore per un po’ si accontenta, poi vira e fa delle scelte. Io stessa, per esempio, ho smesso di comprare da Feltrinelli perché – sebbene comoda per orari e parcheggio – la sua offerta si è abbassata a livello-centro-commerciale e una volta su due non trovo quello che cerco (e ti garantisco che quasi mai cerco trattati di semiotica dell’atracamanocubano). Specie in momenti di crisi economica, quando non si compra qualunque cosa “tanto al massimo ho buttato 5 euro”, lo scenario che intravedo e proprio quello delineato da Di Stefano.
    Quanto agli autori e ai loro anticipi da favola, be’, stendiamo una trapunta pietosa (e l’operazione-Rowling è incommentabile).

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    • Gaia Conventi dice :

      Mi auguro che la “mano invisibile” scenda su di noi, pigli a sberle gli editori che pubblicato robaccia e tiri fuori dai pasticci le piccole librerie indipendenti. 😀

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  2. LFK dice :

    Se cominciano a lamentarsi loro, noi possiamo stare tranquilli. Parlando con una libraia, mi ha fatto notare come il suo reparto dedicato ai bambini sia raddoppiato rispetto agli anni scorsi. Mi ha detto che non vende neanche i grandi nomi se non ci sono sconti considerevoli, mentre i libri per bambini vanno come il pane. Questo, secondo lei, perché il prezzo di un libro è comunque più contenuto rispetto a un capo d’abbigliamento o a un regalo tecnologico, e i bambini gradiscono sempre qualsiasi libro, fregandosene dell’autore, basta che le figure siano belle o la storia (per i più grandi) interessante. Che sia questo il problema che sta nascendo per i grandi? Che la gente, sommersa dai selfautori mediocri, stia cominciando ad apprezzare e discernere tra buona lettura e lettura commerciale?

    O forse, semplicemente, la gente è stanca di leggere libri scritti in fotocopia e sta cercando un nuovo stile, un nuovo modo di raccontare, o forse storie più vicine a sé? Perché un conto è leggere la storia di casa tua (cacchio! qui ci sono stato/a), un altro leggere di mondi lontani (un pub sulla Main Street. Ma tutte le vie americane si chiamano Main Street? Il pub non esisterà neppure). In questi tempi in cui ci stanno distruggendo i sogni, riesce più difficile viaggiare anche con la fantasia, serve un buon appiglio per spiccare il volo.

    Mi stavo dimenticando la battuta: anche io ho avuto problemi con l’anticipo: me l’hanno ridotto dallo 0% allo 0%. Una riduzione del 100%.

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    • Gaia Conventi dice :

      Immagino che i buoni lettori siano stanchi di fregnacce, lo stanno dimostrando. Adesso tocca aspettare che si stanchino anche i lettori delle 50 sfumature…

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      • LFK dice :

        Io ho letto le sfumature di grigio, ma non ce l’ho fatta a leggere gli altri due. Mi hanno ricordato la trama di un film porno, in cui la storia è la scusa per trombare in ogni angolo della pellicola, a volte anche dietro la cinepresa. Del tipo: lui compra l’ultima scatola di aspirina, lei si dispera, lui la mette a 90 sul bancone della farmacia e a lei passa il mal di testa. Da quel giorno lei ha mal di testa continui e lui la cura.

        Ecco, il problema è questo: ci dicono che son cambiati i tempi e saltano fuori questi romanzetti (seppure corposi) in cui non c’è storia ma scene, quelle trasgressive, roba che a vedere il film tapperesti gli occhi anche al gatto. Eppure lo leggi. Insomma, lettura per perdere tempo, non per investirlo in qualcosa di piacevole.

        Gira voce (come anche qua è stato detto) che ci sarà un’inversione di tendenza, l’aspettiamo. Ho amici librai che hanno “inventato” un escamotage nel frattempo che aspettano momenti migliori. Portano molti libri di autori della zona, perché la gente, dovendo buttare i soldi, preferisce farlo in casa propria. Ma è giusto che siano loro a cambiare l’editoria? Non dovrebbero essere, in primo luogo, gli editori?
        Strano mondo il nostro, va avanti a onde che stravolgono il mercato solo per tenerlo vivo. E in Italia siamo pure messi peggio, visto che ancora la gente si chiede cosa sia un ebook e come si possa leggere.

        Speriamo bene.

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        • Gaia Conventi dice :

          Evidentemente i grandi editori hanno ancora un margine di guadagno accettabile, questo spiega perché le lamentazioni restano sui giornali e non si concretizzano in un diverso andazzo. Costa meno spararle grosse sulle fascette e accordarsi per qualche bel premio.

          Resta da capire se le piccole case editrici decideranno di fare meglio. Per una che lavora bene, altre tre lavorano da cani, altre dieci sono a pagamento. L’andazzo è questo.

          I librai – santi e benedetti! – spesso spingono i libri d’autori locali, e la trova una bella pensata. Vorrei però suggerire ai librai di non spingere TUTTI i libri alla stessa maniera: un autore locale che pubblica a pagamento – a Ferrara ne vedo così tanti, santo cielo! – non merita tutto questo impegno. O no?

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          • LFK dice :

            No, infatti, parlavo di NoEAP, perché comunque quella decenza c’è sempre stata.

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            • Gaia Conventi dice :

              Qui no. 😀
              Dalle mie parti gli scrittori locali sono piuttosto EAP, nessuno lo dice, loro fingono indifferenza, i librai fanno altrettanto.
              Evidentemente sono in tanti a trovarla una pratica normale.

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          • minty dice :

            Vorrei però suggerire ai librai di non spingere TUTTI i libri alla stessa maniera: un autore locale che pubblica a pagamento – a Ferrara ne vedo così tanti, santo cielo!

            Temo non sia un’esclusiva di Ferrara. Qui accade uguale. Basta che uno sia concittadino e BAM! Promozione smaccata dei librai, indipendentemente da ciò che si è prodotto e con che vie…

            A proposito Gaia, ti ho pensato molto quando l’altro giorno, in una delle cittadine librerie di catena, una che è anche legata a un editore locale di cui parlammo, forse EAP forse no, e che vanta patrocinio di un nostro conoscente gialloscrivente… ho visto un’intera parete di opere uscite per suddetto editore (prezzo medio di copertina 10-12 euro), tutte messe a 99 cents (e io non le ho comprate lo stesso… XD).

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  3. Marino Buzzi dice :

    Cara Gaia, quando ho iniziato a fare il libraio 8 anni fa esistevano regole ferree: i libri di “catalogo” (grandi nomi della letteratura) che non vendono vanno comunque tenuti perché danno una connotazione positiva alla libreria e aiutano a far vendere altri libri. Oggi il catalogo non esiste più, si rendono tutti gli autori che non vendono, le case editrici si comprano vetrine e spazi espositivi, si predilige la cartoleria ai libri perchè margina di più. Le librerie di catena non impiegheranno troppo a morire (lo dico con l’ansia visto che perderò il mio lavoro) e pure l’editoria se la passa malissimo. Le mie critiche al self publishing erano indirizzate proprio in questo senso. Vero che certi autori hanno avuto troppo, in tutti i sensi. Io, nel mio piccolo, a due anni dalla pubblicazione, nonostante il libro abbia venduto benino per essere un mr nessuno, prenderò, forse, 500 euro alla fine del 2013. Molto meglio andare a raccogliere la frutta. In tutti i sensi.

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  4. stranoforte dice :

    Poveretti, vedrai che anche loro si organizzeranno e faranno sciopero (LKF, JFK, FKI, come ti chiami, non barare, l’anticipo te lo hanno raddoppiato).
    Senti, ora che leggo della Rowling/Alice nel mondo d.m., chissà la Manni…
    Ah, la Mondadori, sì… va be’, taccio va.

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    • LFK dice :

      Stranofotte (o Bramoforte, Tengofamiglia, Moltodimeno, Seccoalrisveglio o come ti chiami) dire che mi hanno raddoppiato l’anticipo fa troppo normale. Io volevo fare lo scrittore derelitto, attira più “mipiace”. A tal proposito, stanno modificando i detti popolari.

      Vale più “Mi piace” un pelo di gnagna che una coppia di buoi.

      —-

      Seriamente: ho provato anche io la tecnica della Rowling. Sto pubblicando alcuni racconti sotto falso nome e appena mi renderò conto che vendono poco rivelerò la mia vera identità lamentandomi. La ggente dirà: “Eh?” e io risponderò “ditore!”. Nessuno la capirà e tutti vissero felici e contenti. Tranne Giada, che aveva ancora in bocca il sapore dello sterco di gabbiano (vedasi mio precedente commento in Masterpiece qui su Giramenti).

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    • Gaia Conventi dice :

      La Manni, già
      Chissà se l’effetto sorpresa ha giovato alle vendite dei suoi libri…

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  5. minty dice :

    Io di economia non ci capisco una fava lessa, ma spero proprio che il signor Di Stefano e la signora Crimi abbiano ragione, e che la libreria “vecchia maniera” possa tornare in auge. Ché a me personalmente non dispiacerebbe mica lavorare in un negozio così. Quando invece pian piano l’editoria contemporanea e il mercato connesso hanno smantellato gran parte dei miei sbocchi professionali di letterata… 😛

    Sul libro dell’anonimo-poi-Rowling, io mi sono fatta un’idea: la signora voleva vedere come andava senza mettere in mezzo il suo cognome (soprattutto dopo le critiche ricevute perché invece del secondo èrripòtter s’è permessa di scrivere un monumento all’umana miseria – a quanto mi dicono). Ha avuto la sua risposta (Ciccia, vendi meno di un EAP!), e qualcuno è voluto correre ai ripari, ‘smascherandola’. E personalmente punterei sul suo editore, come delatore. Ché per quel che so, lei col maghetto s’è fatta i soldi per dieci vite di lusso (a meno che non sia proprio la donna con le mani più bucate della storia…).
    Comunque la questione del lettore che ‘segue il nome’ tipo pecorella un po’ la capisco. SOPRATTUTTO con la crisi: con gli editori che puntano a tirarti sòle come piovesse, spacciandoti pura deiezione per la rivelazione dell’anno (anni prolifici, fra l’altro, con centinaia di rivelazioni ognuno…), dopo aver preso un po’ di fregrature ci sta anche che il lettore-tipo si arrocchi su quei 2-3 scrittori che ormai conosce bene, e da cui più o meno sa cosa aspettarsi (e forse per quello le mosse della Rowling sono così scomode XD). Mi rendo conto di fare lo stesso anche io, molto spesso. Chi lascia la via vecchia per la nuova, ecc.
    Può non essere un bene per l’arte, ma a suo modo è umano. Dicesi sopravvivenza nella giungla editoriale :-\

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    • Gaia Conventi dice :

      Confesso d’essere un “lettore sperimentatore”: se la recensione mi colpisce, il passo successivo è andare sul sito di ibs.

      Mi piace scovare roba nuova, comprare roba usata, raramente mi affeziono a qualche autore. E, anche in quel caso, se prendo una tranvata… lo dico, urca se lo dico! Ho aperto un blog proprio per questo. 😀

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  6. KINGO dice :

    La perfezione narrativa di Harry Potter era difficile da ripetere, ma che la Rowling potesse scrivere certe cagate non l’avrei mai creduto possibile. Che dire, forse il suo ghost writer aveva il contratto solo per Harry Potter?

    Per quel che riguarda la Mondadori, lasciamo dir loro tutte le cavolate che vogliono, tanto sono destinati a fallire come tutti gli altri editori. La rete ha dapprima distrutto le case discografiche, ora tocca alle case editrici. (Ed era anche l’ora, dico io!)

    La cirsi tocca forte l’editoria così come tocca forte tutti quelli che hanno mangiato a sbafo e ora non possono più farlo. Non che quelli che finora hanno mangiato poco ora se la passino meglio, sia chiaro.

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