“Portala al cinema”, introduzione di Barry Norman.
Una raccolta veloce di curiosità e aneddoti cinematografici, che sia british lo si intuisce dai fatti citati. Tradotto da Luigi Giacone, il libro esce nel 2006 con una copertina à la “incontri pomiciati del terzo tipo”. A ben guardare, i due tizi si assomigliano un sacco, probabilmente i nasi rifatti quel giorno li davano via in coppia.
Il sottotitolo tenta di prenderci per la gola: Quanti Martini ha bevuto James Bond?*, quesito che risulta essere tra i meno interessanti. C’è molto altro.
E se – dando ragione ad Alfred Hitchcock a pagina 5 – «La durata di un film dovrebbe essere direttamente commisurata alla capacità di resistenza della vescica umana», andrebbe menato il genio che ha deciso di realizzare The Cure for Insomnia, un filmone ammeregano del 1987 che dura ottantasette ore (pagina 19).
Secondo Gilbert Adair – sceneggiatore e critico cinematografico statunitense –, «Uno degli assiomi della storia del cinema – che ha avuto poche eccezioni – è che più lungo è il titolo di un film, maggiori sono le probabilità che quella pellicola sia un fiasco completo» (pagina 11). Resta quindi da capire se The Longest and Most Meaningless Movie in the World sia da cacciare tra i titoloni scioglilingua o debba finire nella lista dei film da botte sui maroni: dura quarantotto ore.
Veniamo poi a sapere che Il grande dittatore (del 1940, scritto e interpretato da Charlie Chaplin, come sanno anche i morti) è stato messo al bando in tutte le sale spagnole «fino alla morte di Francisco Franco nel 1975» (pagina 11). Charlie Chaplin che, come narra un’antica leggenda, «ha perso un concorso per sosia di Charlie Chaplin» (pagina 50). E pare sia vero.
Scopriamo anche che la presentazione del Mago di Oz in una guida ai programmi TV raccontava il film in questa maniera: «Una ragazzina attraversa un paesaggio psichedelico in cui uccide la prima persona che incontra, dopodiché fa comunella con tre estranei per uccidere nuovamente» (pagina 13).
E che dire delle parentele cinematografiche? «Christopher Lee è cugino di Ian Fleming, Rita Hayworth è cugina di Ginger Rogers, Francis Ford Coppola è lo zio di Nicholas Cage, Olivia de Havilland è la sorella di Joan Fontaine, Ingrid Bergman è la madre di Isabella Rossellini, Tippi Hedren è la madre di Melanie Griffith, Angelina Jolie è la figlia di Jon Voight» (pagina 39). Di qualcuno sapevo, di altri non mi ero nemmeno mai posta il dilemma.
E nemmeno mi ero mai posta il problema di chi avesse inventato i popcorn, pare «siano stati gli indiani d’America 5000 anni fa», solo durante la Grande Depressione, però, «il popcorn cominciò a essere apprezzato come cibo poco costoso che non incideva sul bilancio famigliare» (pagina 63).
«Il popcorn deriva il suo nome dalla parola del Middle English poppe, che indicava un suono esplosivo» (pagina 64).
Sapevate che Pal, il collie di Torna a casa, Lassie! (1943), veniva pagato 250 dollari a settimana? Più del doppio di quanto pigliava la giovane protagonista, Elizabeth Taylor.
Queste e altre amenità, citazioni, giochini a tema e tabelle di vario genere – dai veri nomi di alcune star del cinema (pagina 24) ai grandi incassi (pagina 116), dai bestseller delle colonne sonore (pagina 131) ai film col maggior numero di comparse (pagina 163), e qui il primo premio va a Gandhi del 1982 con 294.560 personcine – fanno del libercolo un gradevole passatempo. Tenete però presente che è impaginato alla “come viene” e le informazioni vengono sparate da un cannone per coriandoli.
Interessante anche l’idea di legare il numero della pagina a qualche fatto cinematografico. Ma l’interesse cala quando ti accorgi che i rimandi, nove volte su dieci, rientrano nella categoria “e quindi?”. Tra quelli che salvo: (pagina) 16 «Sono le battute dette da Arnold Schwarzenegger in Terminator (1984); (pagina) 34 «Tanti sono i minuti in più del film Titanic (1987) rispetto al tempo che il transatlantico impiegò effettivamente per affondare»; (pagina) 52 «L’esatto numero di riccioli di Shirley Temple in tutti i suoi film»; (pagina) 59 «Numero delle riprese occorse a Marilyn Monroe per pronunciare correttamente la battuta «Dov’è il bourbon?» in A qualcuno piace caldo (1959)». A pagina 165, «Altezza di Penelope Cruz se fosse 3 cm più bassa», ho sbuffato con assoluta convinzione.
Portala al cinema rientra nel genere libro da tram; acquistato su IBS a sette euro e mezzo, a prezzo pieno verrebbe dieci euro e non sono certa li valga. Forse sto diventando tirchia…
*Se vi state ancora chiedendo quanti Martini ha ingurgitato James Bond: diciotto (pagina 69).
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Tag:Barry Norman, cinema, Portala al cinema, recensioni
Informazioni su Gaia Conventi
Scrivo, ma posso smettere quando voglio.10 risposte a ““Portala al cinema”, introduzione di Barry Norman.”
Tris Estense
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Tirchia? Ahahahhaha non direi 😀 Alcune considerazioni sono carine ma, diciamocelo: chissene se la Cruz è alta come una lillipuziana o se i riccioli della Temple era 458 anziché 236? E vabbè, mi associo alla tua tirchieria: non lo compro! 😀
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Un libro passatempo, mettiamola così. Ma sono fortemente tentata dal bissare il numero dei riccioli di Shirley Temple. Poi, ovviamente, girerò con un cartello che illustra la faccenda. Mica tutti sono ferrati in shirleytemplismo!
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A questo punto urge capello ShirleyTemploso con annesso articolo in cui spieghi le inutili fasi della creazione dei suddetti riccioli, quanto tempo c’è voluto e il numero finale della tua riccioluta capigliatura! 😀
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Devo assolutamente coinvolgere il Salone Vanity…
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è il classico libro che apprezzi se te lo prestano o regalano ma non lo compreresti mai
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Possiamo anche dire così. Poi c’è il cojone che lo compra, eh?
Presente! 😀
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che lo compra scontato però :p
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Be’, sì… cojona al 50%. 😀
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pure in middle italian language “poppe” ha un suono esplosivo. In particolare se riferito a Rita Hayworth
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Che Dio l’abbia in gloria… che gran polmoni! 😀
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