Gennarino Coccolino Scrittore: l’autoproclamazione a maggioranza, per alzata di mano, allo specchio

Questo blog potrebbe ormai pasteggiare esclusivamente grazie al tag “Gennarino Coccolino Scrittore”, categoria che credevo in via d’estinzione – da quando non seguo più i tramisti il mondo cominciava a sembrarmi migliore – ma che sono costretta a proclamare viva, vegeta e ovviamente scrivente e autoproclamante.

Stavolta lo spunto arriva dallo status di un contatto editoriale, non diremo chi per correttezza e galanteria, lo sapete che Giramenti è un blog di gentiluomini. Ciò che mi preme mostrarvi è la capacità dei Coccolini di sentirsi in pace col mondo. Anche con se stessi, per carità, ma quello lo si dava per scontato: lo dice il titolo onorifico.

E dunque il mio contatto chiede – burlescamente, a spritz nel bicchiere e patatine di contorno – se dirsi autore e autrice, dopo nome e cognome sul proprio profilo Facebook, aiuti in qualche modo a stare meglio. Seguono commenti, tra chi immagina che apporre tale precisazione sia una sorta di autoipnosi – questa me la segno perché può farmi comodo – a chi precisa d’averlo fatto per “attirare l’attenzione”. A questo Gennarino diremo allora che ormai il dirsi autore, scrittore e compagnia bella attira solo strali e sfottò. Ebbene sì, lo fate in troppi, troppi scrittori: la gente non ci crede più.
Ma abbiamo anche chi non ci vede niente di male e chi – un grande classico – chiede se si sia scrittori solo a farlo di mestiere: «Non lo trovo presuntuoso, non credo che si possa definire scrittore solo colui che ha scritto un best seller ma colui che crede in quello che fa. Essere uno scrittore, un pittore, un cantante o un trapezista è solo essere un artista, dare vita all’immaginazione, ai propri sogni. Pazienza se siamo tanti, così tanti che diventa difficile separare il grano dal loglio. Mi ritengo una persona modesta anche se dico che sono una scrittrice, perché ho scelto di esserlo mentre fare il netturbino, l’impiegato o altro molto spesso non è una scelta ma una necessità». Dunque, in caso siate ingegneri nucleari col pallino della poesia, sta a voi decidere come presentarvi su Facebook.
Ma non possiamo dimenticare chi si autodefinisce scrittore e non sopporta le critiche altrui: perché gli dicono di smettere?, mica si droga… Ecco, perfetto, non fa male a nessuno – un po’ come le bufale online e le catene di sant’Antonio – e allora perché tacitarlo?

Ho infine deciso – mettendolo ai voti, e me e me medesima eravamo della stessa opinione – valesse la pena chiarire in uno status ciò che penso dell’annosa questione coccolinica.

A noi, sia chiaro, gli autoproclamanti e gli scrittori presso se stessi – ma va bene pure altrove – non dispiacciono. Gli abbiamo dedicato articoli e pensierini, che è un po’ come dire che siamo campati sulle loro spalle. Ora non chiedeteci se ci pagano per scrivere ‘ste ciance e se il Nuovo Ordine Mondiale ci ha assunti per fare polemiche due volte al giorno. Noi non ci campiamo, gli scrittori – modello Gennarino Coccolino – nemmeno. Siamo pari. Dunque continuate a dirvi Gennarini Coccolini Scrittori, abbiamo il tag adatto e sapremo dove mettervi.

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Informazioni su Gaia Conventi

Scrivo, ma posso smettere quando voglio.

7 risposte a “Gennarino Coccolino Scrittore: l’autoproclamazione a maggioranza, per alzata di mano, allo specchio”

  1. Mario Borghi dice :

    Io proporrei una serie di sottocategorie: condominiale; della Pro Loco; da salotto; da campagna e via dicendo, per meglio inquadrare l’ambito d’azione scrittoria. Idem per i poeti e, mai scordarle!, le poetesse.

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  2. tibi dice :

    A me invece fanno girare le scatole, perché a causa di questi Coccolini, io devo lavorare per aziende all’estero in quanto in Italia dicono che possono anche non pagarmi: non è mica un lavoro! Sei scrittore, o scrittrice, quando una casa editrice ti pubblica e ti paga i diritti, altrimenti non lo sei. A mia madre piace cucinare, ma non è una cuoca!

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  3. newwhitebear dice :

    a me non piace FB. Quindi quello che uno scrive di sé mi lascia indifferente. Scrittore? Lo siamo tutti. Davvero? Si, perché sappiamo leggere e scrivere – Sì insomma quasi tutti o forse anche meno

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