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RECEspiccia: “La pazzia di Re Giorgio” di Alan Bennett (trad. Franco Salvatorelli)

L’antico vaso (da notte) è stato portato in salvo!

Se rendere la complessità di un’opera teatrale affidandosi soltanto alla carta è un’impresa difficile — il che è una fortuna, almeno non perdiamo il piacere d’andare a teatro —, raccontare una vicenda storica senza far sembrare gli attori degli insegnanti di sostegno per lettori e spettatori è qualcosa che ha del geniale. Detto questo, se troverete in giro delle recensioni che “sì, però, si ride poco…”, dite pure a ‘sta gente d’andare a nespole.

RECEspiccia: “Il centodelitti” di Giorgio Scerbanenco (con prefazione di Oreste Del Buono)

E Giramenti ci mette il bollino blu!

Se non avete mai letto Scerbanenco, cominciate da qui. Se avete già letto tutto di Scerbanenco, spero non vi sia sfuggita questa raccolta. Se non conoscete Scerbanenco ma avete un debole per i racconti, questi qui fanno al caso vostro. Insomma: un libro che proprio dovete far accomodare sulle vostre mensole. Diciamo poi che la copertina – eh, bei tempi… – è di quel genio di Fulvio Bianconi e a curare il volume ci ha pensato quell’altro mostro sacro di Oreste Del Buono: «Tra i molti inediti lasciati dalla straordinaria macchina per scrivere storie, ho scelto questi cento racconti che parlano di delitti grossi e piccoli, riusciti e mancati, umani e disumani, naturali e divini».
I racconti brevissimi sono una chicca tra le chicche, così belli da strappare tutte le volte un porcocane.

RECEspiccia: “Alfred Hitchcock presenta Mai uccidere per amore” (trad. Lia Volpatti)

Caro lui, si poteva “presentare” di meglio!

Siamo decisamente sottotono, nessun racconto degno di nota. Stavolta mio zio Hitch mi ha un tantino delusa.
Colpi di scena non se ne vedono, tutto è prevedibile e le vicende soffrono di spiacevoli tempi morti che, ne converrete, nei gialli fanno calare l’attenzione del lettore. Morti sì, ma morti per davvero, ecchecazzo! Mettici dentro quel che serve, ché i panorami vanno bene in cartolina. E dunque, come recita il titolo, non si dovrebbe mai uccidere per amore e mai scrivere un racconto tirando la cosa per le lunghe.
Occorre invece spendere due parole — e un link: questo — sulla traduttrice, la mitica Lia Volpatti, che ci ha lasciati da poco. La Volpatti è stata il Giallo Italiano, con le sue traduzioni e i suoi saggi, curando antologie e lavorando per venticinque anni alla Mondadori. Direi che la vera delizia di questo libercolo hitchcockiano è la fortuna d’essere incappati in questa signora del giallo e dirsi “Toh!, adesso voglio scovare i suoi libri e saperne di più”.

RECEspiccia: “Il grande mistero di Bow” di Israel Zangwill (trad. Ettore Franzi)

Il grande mistero di… boh: non avvince e non convince ma ha il fascino delle dive in disarmo.

Questo libercolo ha diverse particolarità, la prima è l’età anagrafica del testo: Israel Zangwill l’ha scritto nel 1891. La seconda è che si tratta di un giallo della camera chiusa, cinquant’anni – giusti giusti – dopo I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe. La terza caratteristica interessante è anche il mistero in questione, proprio come i fattacci della Rue Morgue, nasce a puntate e viene pubblicato in una rivista, altra faccenduola peculiare è che la rivista invitava i lettori a inviare per posta la soluzione del delitto. E qui anticipiamo la sfida al lettore di Ellery Queen. Ultima nota distintiva: l’umorismo. Si tratta di un giallo ricco di verve e battute, la difficoltà sta nel saperle cogliere.
Dunque, come anticipavo, non avvince e non convince il lettore di gialli più esigente ma sono certa saprà sedurre i lettori a caccia di rarità.

RECEspiccia: “Alfred Hitchcock presenta Scorciatoia per il patibolo” (trad. Attilio Veraldi)

Racconti da comodino per chi detesta dormire tranquillo.

Per avere notizie dei gioiellini hitchcockiani conviene certamente fare un salto sul blog di Assassini e gentiluomini, dove si racconta che «I 26 volumetti (più un Omnibus dal titolo “SuperHitchcock” che comprende 33 dei racconti migliori della collana) uscirono nella collana Oscar Mondadori tra l’agosto del 1968 e il maggio del 1982 […]». Trovarli usati non è impossibile e si può star certi d’aver fatto un affare.
Di questo Oscar Mondadori ho particolarmente gradito due vicende: Solo su un’isola deserta di Donald E. Westlake e Una visita prolungata di Hal Dresner. Il primo dimostra quanto un amico immaginario possa dimostrarsi ingombrante, il secondo invita a non prendere sottogamba la suocera impicciona. Piccole lezioni che potrebbero sempre tornare utili, se si riesce a schivare il patibolo.

RECEspiccia: “Leggermente fuori fuoco”, testo e fotografie di Robert Capa. Intro di Richard Whelan, premessa di Cornell Capa, trad. Piero Berengo Gardin.

“Se le tue foto non sono buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino.” (Robert Capa).

Non so dirvi se sia più bello da leggere o da guardare, la prima edizione è del 1947 e in effetti la verve della narrazione ricorda certi film hollywoodiani di quel periodo.
Robert Capa, come tutti i miti, non ha avuto modo d’invecchiare. È campato con la spregiudicatezza del reporter di guerra, è stato uno sciupafemmine, un gran bevitore e uno dei più grandi fotografi al mondo. Il suo Leggermente fuori fuoco offre una visione piuttosto personale di cosa sia vivere e fotografare i conflitti. In questo caso il nome dell’editore – Contrasto, leader nelle pubblicazioni fotografiche – casca a fagiolo come sinonimo di lotta, e qui gli spari si sentono parecchio. Un libro splendido, e non importa che siate appassionati di fotografia. L’umorismo e la sagacia di Robert Capa sapranno conquistarvi anche se vi limitate a scattare con lo smartphone.