Autopubblicazione e pubblicazione a pagamento: il giornalista le confonde, il blogger no.
Davvero, lo giuro, non vorrei tornare a tartassarvi la uallera con l’editoria a pagamento. Badate bene, in questi mesi ho fatto di tutto per disinteressarmene, ho persino abbandonato i tramisti al loro triste destino.
Sono un self-autore, mi selfo e me ne vanto!
Del sior Mark Coker abbiamo già parlato.
Se il cane è il miglior amico dell’uomo e il Coker quello dei self-autori, se scomodi l’autopubblicazione salta sempre fuori lui. Da una scatola, con la molla e ciao ciao con la manina.
Lo ritroviamo – non siamo tipi che abbandonano il Coker sull’autostrada – grazie a Scrivo(cattivissimo).me. Un sito, una garanzia: se ci passi tre volte al giorno, avrai tre grosse opportunità di dirne male, o di dirne e basta. Insomma, Scrivo(cattivissimo).me è tra i miei siti preferiti.
Selfami e convincimi a selfarmi.
Mi scrive Youcanprint.
Della convenzione con Google Play – detta à la Malvaldi – c’importa una sega, ma nell’email trovo il link alla sezione “autori convincono autori a selfarsi con gaudio”. E ci trovo tante cose interessanti.
La fuffa trasloca: dall’EAP al selfpublishing, gli esperti e i maghi hanno cambiato casa.
Oggi non faremo nomi e cognomi: il legale di Giramenti può prendere il caffè in tranquillità, non glielo manderemo di traverso. E non faremo nomi perché non servono, stamattina ciò che veramente ci sta a cuore e farvi presente che la fuffa ha cambiato indirizzo.
Seguiteci e sarete in grado di stanarla, e ovviamente non lo diciamo ai nostri utentAmici che ci leggono fedelmente e caparbiamente – loro sono ormai più esperti di noi nell’arte d’additare la stortura –, lo facciamo invece presente ai tanti autori che credono di scampare all’EAP… affidandosi ai guru del self.
L’articoletto markettaro di mamma orsa che dice bene del suo orsetto: il self conquisterà il mondo!
Chiedete all’ideatore dello scacciapensieri e vi dirà che tra cinquant’anni lui e i suoi accoliti avranno surclassato i suonatori d’armonica, chiedete al fan club dello scalogno e vi sentirete dire che la cipolla è in deciso declino. E poi fate scrivere un articolo a «Mark Coker, fondatore di Smashwords, piattaforma di self publishing» e lui vi dirà che «entro il 2020, gli autori di self publishing avranno il 50% del mercato ebook».
Potrebbe essere vero, ma lui assomiglia un sacco al sior scacciapensieri e io, prima di prendere per buono il suo disinteressato decalogo, mi chiedo quanto sia markettara la sua previsione.
Chi fa da self fa per trelf. Ma con tremila euro saldi il conto dell’editor e compagnia bella.
Probabilmente vi siete già imbattuti in questo articolo, scritto da Stefano Izzo – editor della narrativa italiana Rizzoli – per Officine Masterpiece, in lode e gloria del self con l’aiutino.
Dissento! Un blogger può anche parlar male di un libro.
Conosco virtualmente Anna Da Re e la so persona sempre cortese ed estremamente misurata nel proporsi. Dunque Anna non me ne vorrà se, leggendo il suo post su Scrivo.me – per noi è scrivo.cattivisismo.me, ormai lo sapete –, mi sento di dissentire. Vedrò d’essere chiara ma assolutamente priva di spigoli, forse posso farcela.
Il Corrierone fa il contropelo al self-publishing.
Una gentile utentessa segnalante mi invia questo link, e sono ben lieta di portarlo alla vostra attenzione.
Probabilmente non tutti i selfAutori lo gradiranno, ma noi sappiamo che la categoria dei selfisti è assai ampia: ci sono anche personcine a modo, personcine che hanno scelto il self per motivi nobili. Tra questi, ovviamente, non rientrano il rodimento di culo da mancata pubblicazione, la convinzione che l’editore rolli e fumi testi decenti perché è fan di Tafazzi e la certezza assoluta che nessuno sia in grado di riconoscere il nostro genio.
Autori indipendenti: dieci consigli per sfondare (e non rompere i coglioni al prossimo).
State tranquilli, i consigli non sono miei. Arrivano da qui e ve li serve «Hugh Howey, che è stato di recente in Italia per promuovere il primo capitolo della sua trilogia Wool, è una delle storie più esemplificative delle potenzialità del self-publishing».
Leggetevi l’articolo – con traduzione di Alberto Forni –, noi passiamo subito al sodo.
Quel prurito esistenziale che ti porta a scansare chi si dice “scrittore”.
Sono certa d’avervelo già detto: faccio una fatica immonda ad accettare l’amicizia virtuale – leggi tuitter, feisbuc e mia nonna in carriola – di chi si autoproclama scrittore. Se poi quel tale mette la qualifica accanto a nome e cognome e ha pubblicato a pagamento, o si è autopubblicato, la mia risata di scherno si fa risata allo schermo.
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